Dissenso di chi vuole “andare oltre”

Dissenso di chi vuole “andare oltre”

Dissenso di chi vuole “andare oltre”La mia militanza all’interno del partito sta per varcare il solco dell’inattesa e inderogabile decisione che da qualche tempo perversa nella mente mia e di una moltitudine. Un Comitato Centrale che con la maggioranza assoluta, vota contrariamente una decisione, per giunta presa senza alcun consenso e ipocritamente “a titolo personale”, si vede sbattere in faccia, dal proprio segretario, la decisione presa dalla maggioranza, facendo venir meno quello che dovrebbe essere il principio di una comunità, la democrazia, e quindi la scelta e la determinazione di un progetto concorde da seguire, per principio avente una o più disamine. Una proposta dogmatica bocciata già in partenza, da parte di molti, dove si denota il personalismo degenerare nell’assolutismo di chi sino a oggi ha professato fedeltà e valori, a questo punto non si sa a chi e di cosa, e che intende far proseguire una comunità su un percorso sulla base di un’idea soggettiva o di un’idea insita di servilismo nonostante davanti a se abbia un muro enorme, il non consenso della maggioranza assoluta, come da regolamento interno. Quando manca l’onesta intellettuale, come in questi casi, viene meno anche il cambio della guardia, che avrebbe dovuto realizzarsi ancor prima di prendere una decisione falsamente personale e che inesorabilmente porterebbe all’ennesima diaspora del movimento. Chi come me non intende minimamente proseguire la strada su un progetto cui le regole sono state cambiate con le carte in gioco e soprattutto non intende farlo per patire un servilismo dovuto al personalismo di chi ieri, oggi e domani, non ci ha dato, non ci da e non ci darà alcun insegnamento politico, se non il mostrare atteggiamenti e fatti insiti di arroganza, ignoranza, falsità e voglia di poltrona con accordi tra coinquilini. E’ vero che i padri politici, l’ultimo su tutti, il caro Rauti, hanno subito sulla propria pelle l’estorsione dello storico MSI, che visto in chiave moderna, avrebbe potuto avere un seguito diverso da quello che è l’andamento di oggi del nostro partito e di tutta la famigerata area, ed è per questo che a mio parere questa ulteriore mutilazione potrebbe sfociare nel definitivo e irreversibile abbandono di un partito fossilizzato in un’area fragile, direi inesistente e improponibile, per i tempi che corrono, al nostro Paese. Qualcuno forse ha interpretato male cosa il caro Rauti voleva dire con “andare oltre”, che non significa accumulare fallimenti e federarsi con falliti, ma sfondare a sinistra, e considerato che lui lo affermò più di trent’anni fa, com’è possibile che qualcuno oggi tenga ancora degli scheletri dentro l’armadio, riproponendo non un progetto serio ed onesto ma un brand insito di destrismo capitalista? Quando qualcuno, negli anni settanta, poneva il dubbio sull’etichetta di destra, ci si univa e si sfondava a sinistra, ed oggi il sottoscritto grida forte che bisogna andare oltre, bisogna sfondare a sinistra e dire, una volta per tutte, basta con la menzogna di questa destra che ai più sprovveduti apparirebbe come un sogno politico concretamente realizzabile, ma altro non è che un concedere il bene placito al perbenismo di facciata di chi inneggia ai valori, all’identità e alla storia di una comunità, comunità che per altro non avrebbe alcun problema ad autodeterminarsi realizzando progetti moderni che si attuino dando risposte innovative al passo con la società che cambia e richiama a nuove sfide sociali, economiche e politiche, mantenendo la base storica.  Per fare politica non occorre una platea pre-confezionata, i consensi arrivano se i programmi sono propositivi, costruttivi, produttivi, emancipati da ideologie antiquate e se davvero la politica è un dovere civile ed etico di alto spessore che possa migliorare le condizioni e il futuro della NOSTRA Nazione e di NOI popolo, occorre una prerogativa, quella di essere onesti, farsi da parte, concedere il cambio della guardia, ammainare la bandiera che non si è più in grado di sostenere soprattutto quando non c’è il consenso, che tanto ostenta di mettere dopo il confronto ma che in verità disconosce. Tentare di migliorare l’esistenza, elevando ideali e moralità, a chi non ne ha bisogno o a chi non l’ha espressamente chiesto, non pone il tronfio proponente in primo piano per meriti ma ne detrae persino le ipotetiche doti intellettuali. Millantare di aver esplicitato la militanza con misticismo più che con un pensiero logico, razionale, discorsivo e quindi facilmente comunicabile, conduce i più indotti individui a dedurre il motivo della collezione di fallimenti politici, che in maniera ineluttabile hanno liquidato progetti, programmi e azioni che avrebbero dovuto essere sostenuti da coloro che nel partito non hanno trovato altro che ostruzionismo insito di conservatorismo, declinando così le correnti progressiste e giovanili che avrebbero potuto dare risalto, rendendo protagonista il partito nello scenario politico nazionale, sfornando una classe dirigente elitaria a differenza di quella attuale. Al partito, e non solo, sino a oggi è mancato il razionalismo politico, invece è stato privilegiato il pensiero mistico e trascendente a quello dell’immanenza, caratterizzando così i tratti più deformi della comunità che è stata inibita dallo sviluppo fondamentale di logica deduttiva e induttiva che avrebbero razionalizzato ciò che sono gli aspetti economici e sociali del paese sotto l’aspetto politico. Il periodo di “transizione” federale sarà l’ennesimo atto di testimonianza, con la variante che a fare da testimoni ci saranno altre sponde collezioniste di fallimenti e d’inconcludenti identità politiche e culturali che portano a un maggiore disinteresse, soprattutto dei giovani come me. Qua non si tratta di rimanere accettando la ridotta, qua si tratta di cumulare macerie di ridotte sotto un unico tetto, e questo è dovuto al fatto che non si è lavorato bene, nonostante ostilità e incompetenze nel comprendere e nell’attuare la politica di un movimento, ed è così che i frutti che si raccoglieranno saranno non acerbi ma marci. Un tentativo franco, pubblico e annunciato di chi tenta di creare un binomio insostenibile, il termine “sociale” non si può coagulare con la destra né a destra, il sociale ha bisogno di una platea ben più ampia, sociale è uno Stato che rappresenta una comunità tramite dei partiti che sostengono la politica del sociale e della socializzazione. Molti nella storia e nelle vicissitudini di questo partito si saranno sacrificati in termini economici, politici, intellettuali ed emotivi, sacrificando lavoro, famiglia e studio, il sottoscritto ne sa qualcosa, vedendo uscire la classe giovanile e più attiva del partito sul territorio nazionale di cui sino a qualche mese fa ne era un componente di sostegno sotto tutti i punti di vista e che oggi invece mi ritrovo con il vuoto sotto di me nonostante qualche perseverante eroe ha voluto continuare la lotta alla causa “sociale”, e questo non si può esaurire con un semplice grazie per la collaborazione, perché i ringraziamenti si fanno quando si vince e non quando si perde e qua richiamo al modello spartano di ciò che fu la battaglia delle Termopili dove Leonida non disse grazie a nessuno ma si compattò con lo schieramento e se morirono, lo fecero tutti insieme, senza ringraziamenti, senza cambio o rifiuto di un ideale che li aveva resi protagonisti della scena senza accettare le abiure del tiranno Serse. Certo nessuna condanna per chi non ha presentato liste, per chi non ha raggiunto gli obiettivi politici prefissati, ma il gesto di non condannare le sconfitte è stato reciproco, tra semplici militanti e la segreteria e viceversa, e nessuno oggi deve invocare la vendetta o la condanna. Parte ragguardevole di militanti, e non solo, ha lasciato appena sentita la puzza di nullità mascherata di valori identitari e quest’ ulteriore passo falso che, inesorabilmente, conduce alla mutilazione ulteriore dell’area, farebbe comodo a tanti altri che sulle sconfitte degli altri godono e creano ulteriori strategie. L’unico tentativo che sono in grado di fare è quello di lavorare per la mia comunità politica e non per una comunità che non mi appartiene e mai mi apparterrà proprio perché non ambisco a diventare un destroide fallace come molti si sono mostrati nella loro esistenza politica. Che il comitato abbia rifiutato la sua proposta ci sta, ma ci stanno anche le dimissioni da parte di chi viene sfiduciato, anche perché proseguire in condizioni misere, per un segretario, è impolitico. Capita di non avere una scuola politica-partitica alle spalle e sfornare un filone di concetti coerenti e concreti verso chi, invece, avrebbe dovuto mostrare onestà intellettuale e bravura discorsiva intrisa di ragionamenti logico-deduttivi e soprattutto coerenti con la linea maggioritaria del partito.

 

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