Cos’è una lobby, cos’è un lobbista? Il primo elenco in rete

Cos’è una lobby, cos’è un lobbista? Il primo elenco in rete

Parte il registro pubblico dei lobbisti, ecco come funziona, ma anche alcune definizioni per comprendere il fenomeno.

Cos’è una lobby, cos’è un lobbista? Il primo elenco in reteSe ne sente spesso parlare quando ci si richiama ai cosiddetti “poteri forti” ma vi siete mai chiesti cosa sia una “lobby“? Cosa sia un “lobbista“?.

Da ieri chiunque voglia avere a che fare con il Ministero dello Sviluppo Economico, nella fattispecie abbia necessità di accreditarsi presso il Ministro, il Vice Ministro o un sottosegretario, dovrà registrarsi su un elenco pubblico, visibile in rete, nel quale avrà l’obbligo di scrivere nome, cognome, ente o società rappresentata, le ragioni dell’incontro, gli interessi di cui egli è portatore. Si chiama “registro trasparenza“. Vediamo come funziona, ma prima partiamo da una definizione. Quella di Lobby e, di conseguenza di Lobbista.

Lobby e lobbista, cosa sono, che funzioni hanno?

La lobby, nella definizione del Dizionario Treccani è “Termine usato negli Stati Uniti d’America, e poi diffuso anche altrove, per definire quei gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi[…]“.

Diventa più specifica, la definizione, quando enumera alcuni esempi di lobby, cita difatti la “lobby del petrolio” ma anche la “lobby degli ordini professionali“. Ecco, appunto, leggendo quest’ultimo esempio ci si può facilmente rendere conto come di fatto le lobby in Italia esistano da tempo e non siano necessariamente dei gruppi di “poteri segreti” la cui funzione è quella di deviare il corso delle cose a suon di quattrini. Tanto è distante l’accezione corrente che di lobby si dà in Italia, che i più restano scioccati nel sapere che in Commissione Europea, così come accade alla Casa Bianca, esiste un piano intero dedicato alle “lobbies“. Degli uffici dedicati ai portatori di interessi, ai lobbisti appunto, professionisti che vengono incaricati dalle grandi compagnie, dai gruppi economici di rilievo, di portare alla visione della Politica le ragioni di un determinato provvedimento o di un cambiamento di un determinato orientamento in merito ad alcune questioni. Nulla di particolarmente segreto, dunque. Ed è proprio all’approccio UE che si è ispirato il Ministro Calenda nel dare un’accelerata all’attivazione del “registro della trasparenza” un sistema che è nell’aria da anni, ma che negli ultimi giorni è finalmente entrato in vigore. Ecco come funziona.

Il registro della trasparenza, la lista di lobbisti presenti al Ministero dello Sviluppo

Spinto dalla necessità di rendere evidenti gli incontri del Ministero (anche a seguito della vicenda che ha colpito l’ex Ministro Guidi), attraverso il registro della trasparenza Calenda intende “rispondere – secondo la nota trasmessa dal MISE – all’esigenza sempre più sentita da parte dei cittadini di seguire da vicino l’attività della Pubblica amministrazione“.

Il registro della trasparenza prevede la necessità per chi si accinge ad incontrare Ministro, viceministro e sottosegretari e in generale i vertici del Ministero, di registrare il proprio nome, cognome, la società o il gruppo per il quale si lavora, gli interessi che si intendono supportare attraverso l’incontro. Chi si iscrive dovrà pubblicare e aggiornare il proprio profilo: dalla propria attività ai dati finanziari relativi al gruppo di riferimento, fino ad arrivare agli eventuali contributi e alle sovvenzioni o ai contratti di appalto ricevuti nell’ultimo anno dal Ministero. Il sito consente anche la possibilità di effettuare segnalazioni e contestazioni, mentre un helpdesk sarà a disposizione per la richiesta di informazioni e la risoluzione di problemi tecnici. Al registro è collegato un codice di condotta che impone agli iscritti di rispettare i principi di lealtà e trasparenza, a non offrire accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio, sia direttamente che indirettamente tramite intermediari al fine dell’iscrizione e al fine di distorcerne la relativa corretta partecipazione. L’obbligo di iscrizione sarà attivo da ottobre, ma chi vuole può registrarsi già oggi. C’è da giurarci che il lavoro sarà ghiotto per i giornalisti di inchiesta.

Che male fanno le lobby?

Per chi opera sulla cosa pubblica, è bene dirlo, incontrare i gruppi di interesse (anche i sindacati, ad esempio, lo sono) è una necessità. Conoscere il territorio, conoscere il tessuto economico, conoscere le esigenze di chi vive lo Stato o la Regione che si governa è un’attività di primaria importanza per fare in modo che le policies possano in ultima istanza essere più utili possibili ai cittadini. Quello che nel nostro Paese è spesso considerato un lavoro con un’accezione negativa, in realtà, se gestito in maniera trasparente costituisce per la politica un metodo di conoscenza del territorio, dell’economia, delle esigenze di quel tessuto imprenditoriale che in ultima battuta interessa tutti noi. Il problema della lobby, si incontra quando – come troppo spesso accade – invece di portare in evidenza gli interessi in gioco a fronte di una politica o di una determinata scelta da parte del settore pubblico, si tenta di condizionare la scelta attraverso un’opera di corruzione. Ma per questo genere di lavoro non è necessaria la lobby, basta la disonestà, di chi offre e di chi riceve.

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